Se stai pensando ad un test delle intolleranze alimentari oppure ad un’allergia alimentare, è perché probabilmente soffri da un po’ o da qualche tempo di uno o più di questi sintomi:
- Gonfiore addominale
- Senso di pesantezza appena dopo aver mangiato
- Mal di stomaco e/o nausea
- Aumento di peso ingiustificato
- Diarrea o stitichezza
- Cistiti e/o candida
- Mal di testa ricorrenti
- Eruzioni cutanee
- Dolori muscolari
Sarebbe molto facile se uno di questi sintomi potesse migliorare in seguito all’esclusione di un alimento o di una categoria di prodotti.
Purtroppo le vie rapide non sono quasi mai la soluzione.
A fomentare questo pensiero riduttivo, sono i sempre più numerosi test in grado di stabilire rapidamente e con precisione la presenza di un’intolleranza alimentare. A trarre, infatti, ancora più in inganno sono alcuni professionisti sanitari (vedi alcune farmacie, laboratori privati ecc.) che effettuano questi test senza alcuna validità scientifica.
Dal 2018 la Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica diffonde e aggiorna una sorta di “lista nera” di presunti test che promettono di rivelare a quale allergia o intolleranza vanno ricondotti i propri sintomi.
È il caso quindi del:
- Test di citotossicità
- Test di provocazione e neutralizzazione sublinguale o intradermico
- Kinesiologia applicata
- Test del riflesso cardio-auricolare
- Pulse test
- Elettroagopuntura
- Vega test
- Sarmitest
- Biostrenght test e varianti
- Biorisonanza
- Analisi del capello
- Natrix o fit 184 test
Tutti questi test sono estremamente inutili, a volte molto costosi, ma che potrebbero diventare dannosi a chi vi si sottopone in quanto possono far maturare degli atteggiamenti di fobia verso il cibo.
Gli unici test validati scientificamente sono tre:
- Dosaggio ematico di specifici anticorpi per individuare la CELIACHIA
- il Breath test per la LATTASI – reazioni al latte e derivati (intolleranza al lattosio)
- l patch test per scoprire la sensibilizzazione al NICHEL, che è presente in molti alimenti
Discorso diverso va fatto per la diagnosi delle allergie alimentari che si basa su test che valutano la comparsa di reazioni allergiche dopo somministrazione sottocutanea di antigeni di diversa natura, insieme ad un’attenta analisi della storia clinica del paziente.
Per fare chiarezza sul corretto iter di diagnosi per allergie e intolleranze legate al cibo la Società italiana di allergologia e immunologia pediatrica (Siaip), insieme alla Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, e alle società scientifiche allergologiche dell’adulto (Società italiana di allergologia, asma e immunologia e Associazione allergologi immunologi territoriali e ospedalieri) ha stilato un documento ad hoc, di cui lascio il link (https://www.siaip.it/upload/1985_Documento_Alimentazione_e_stili_di_vita_.pdf)
MA QUAL È LA DIFFERENZA TRA ALLERGIA E INTOLLERANZA ALIMENTARE?
L’allergia alimentare è una reazione avversa del sistema immunitario contro componenti alimentari e ha come conseguenza una risposta infiammatoria mediata da anticorpi.
L’intolleranza alimentare, invece, è dovuta per lo più ad una carenza enzimatica e non coinvolge il sistema immunitario. Un tipico esempio è l’intolleranza al lattosio: le persone che ne sono affette hanno una carenza di lattasi, l’enzima digestivo che scompone il lattosio ossia lo zucchero del latte.
MA ALLORA PERCHÉ QUANDO MANGIO POI MI SENTO GONFIO/A O HO ALTRI SINTOMI?
- La prima domanda è chiedersi quanto le proprie abitudini alimentari siano corrette, ossia se i miei pasti siano regolari e ben bilanciati.
Mangiare di fretta, a orari diversi e spizzicare durante la giornata è il primo passo verso il gonfiore e una cattiva digestione che si può accompagnare ad alterazioni dell’alvo, come stitichezza o diarrea. - Se questo non è il vostro caso, sappiate che in molti casi la genesi del gonfiore addominale è da attribuire ad ad alimenti ricchi in FODMAPs (acronimo derivante da Fermentable Oligosaccharides, Disaccarides, Monosaccarides and Polyols), cioè di carboidrati a catena corta con un massimo di 10 zuccheri (es. lattosio, fruttosio) che essendo scarsamente assorbiti, vengono fermentati dai batteri del microbiota intestinale con produzione di gas e conseguente gonfiore e distensione addominale. Nonostante questo tipo di carboidrati siano largamente diffusi nei cibi, per ridurre la sensazione di pancia gonfia basta seguire una dieta che ne sia povera, per un periodo che però non deve essere superiore a 6-8 settimane e affidandosi sempre alla cura di un nutrizionista.
- Se i disturbi alimentari sono invece per lo più correlati a eruzioni cutanee e/o dolori diffusi, il responsabile potrebbe essere il nichel o un deficit dell’enzima DAO (deamino-ossidasi). Il DAO è il responsabile della degradazione dell’istamina, un importante mediatore chimico che interviene durante reazioni allergiche e immunitarie.
- A volte abbiamo un problema funzionale o un affaticamento a livello epatico, perciò tutto ciò che è grasso e proteico rallenta la nostra digestione. Oppure il problema potrebbe essere gastrico, per cui la pasta il pane o in generale i carboidrati ci gonfiano.
ALLORA PERCHÉ IL MIO AMICO/A È MIGLIORATO IN SEGUITO ALL’ELIMINAZIONE DEI CIBI CHE IL TEST AVEVA INDIVIDUATO COME DANNOSI?
Se il tuo amico o amica non rientra nelle casistiche elencate sopra, la risposta può sembrare banale e riduttiva. Molto spesso quando si presta più attenzione alla propria alimentazione, si inizia quasi subito ad avere più energia, ci si sente meglio e molti disturbi spariscono. In fondo basta poco per adottare un’alimentazione sana.
Soffri anche tu di cattiva digestione o di fastidiosi problemi legati all’alimentazione e vuoi indagare sulla reale causa?
Presso il Centro Salute Althea potrai richiedere una consulenza nutrizionale e impostare un piano alimentare personalizzato sulle tue esigenze.
Camilla Diotallevi – Biologa nutrizionista, Ph.D.
Cell: 349 7247017
Email: nutrizionista.diotallevi@gmail.com