Cosa vuol dire “essere maschio” oggi? È una domanda difficile a cui rispondere.
La crisi del modello tradizionale di virilità sta gradualmente cercando di annullare l’illusione onnipotente della figura maschile. Ormai da circa un secolo è iniziato un cambiamento del modello di maschile che per millenni ha connotato l’uomo come il fondamento dell’ordine sociale, politico, religioso, economico e sessuale, valorizzandone la forza, il potere, l’istinto di conquista, insomma la predominanza del maschile sul femminile e la conseguente giustificazione della subordinazione e sottomissione della donna.
Nel corso dei secoli lo stereotipo della virilità e il mito della supremazia hanno avuto implicazioni e conseguenze negative sia per gli uomini che per le donne. Pur non essendo completamente scomparso, il modello di supremazia che l’uomo ha ereditato dal patriarcato, sta gradualmente cambiando, alcuni maschi hanno acquisito delle competenze che permettono loro di trovare un equilibrio con la propria partner.
Lo stereotipo millenario del potere maschile ha condannato gli uomini a reprimere le proprie emozioni, a disapprovare i maschi diversi dallo stereotipo, a considerarli effeminati, a trasformare la paura dell’impotenza, soprattutto sessuale, nel piacere della violenza e del potere stesso. Lo stereotipo culturale ha portato a pensare ai maschi esclusivamente con delle caratteristiche di supremazia, per cui, nei secoli passati, la sottomissione della donna è stato l’unico equilibrio trovato.
Legittimare un nuovo modello di maschile è fondamentale per lasciare alle nuove generazioni una cultura diversa in cui la violenza non sia più una delle conseguenze delle distorsioni emotive, psicologiche, politiche e sociali che ci hanno accompagnato per secoli.
Tuttavia una cultura non si può cambiare soltanto chiedendo agli uomini di rispettare le donne, oppure di autocontrollarsi o di rinunciare a una donna, è necessario provare a cambiare il modo in cui gli uomini stanno nella relazione, è necessario riflettere sulle emozioni e sul corpo maschile.
Sulle emozioni perché per troppo tempo sono state represse, negate, sottovalutate, inespresse, trascurate; sul corpo perché è stato e, spesso ancora è, uno strumento di cui servirsi per agire un potere sulla donna o per dimostrare la propria forza fisica, i muscoli, la salute, fino a non molti decenni fa lo stereotipo stabiliva lo standard di forza e di debolezza, di salute e di malattia proprio sulla base di un corpo robusto.
Ripartire dalle sensazioni, dalle percezioni, dalle emozioni, permetterà di agire concretamente dei cambiamenti non solo personali e relazionali, ma anche politici e sociali, aprendo così nuovi spazi di scelta e di libertà.
Il malessere del maschio è reale, ma non ci sono ancora modelli nuovi e generativi a cui può fare riferimento, in cui possa identificarsi. Questa crisi della virilità mette in discussione il modello di soggettività maschile di onnipotenza, ma il rischio è che si mettano in atto altre modalità di potere che producono ulteriore violenza, che portano a nuove scissioni, che non costruiscono cambiamento.
C’è bisogno di un cambiamento culturale sia nel maschile che nel femminile, un nuovo modello relazionale che rispetti le caratteristiche di ciascuno attraverso un ascolto reciproco, in cui la donna non abbia bisogno di imitare la virilità e la supremazia dell’uomo né, tantomeno, l’uomo la necessità di doversi sottomettere.
In alcune situazioni, da parte di alcune donne, si assiste a un vero attacco all’inadeguatezza e all’incompetenza del maschio, in particolare, nelle relazioni e nei processi di cura; in altre situazioni alcuni maschi che, si sentono particolarmente privati della propria virilità e sovranità naturale, accusano le donne di agire un femminismo. Questa modalità di relazione richiede e impone, ancora una volta, la prestazione maschile e, di conseguenza, l’uomo è nuovamente indotto a dimostrare il suo vigore. A livello sessuale si traduce nel dover dimostrare la propria virilità, per cui molti uomini potrebbero sentirsi sotto pressione e potrebbero provare ad eliminare il minimo timore di “impotenza” sessuale con il rischio di non raggiungere i risultati sperati o di sconfinare nel dominio. A livello sociale per sentirsi forte, performante, per corrispondere a quanto la società si aspetta da lui, vorrà avere soldi, possedere una determinata macchina o qualsiasi oggetto che abbia le prestazioni più elevate e che, di conseguenza, rispecchi potere.
Questa crisi si porta dietro delle ripercussioni sociali che si manifestano anche nel disorientamento dei padri. Per lungo tempo il padre ha rappresentato la colonna portante della famiglia, titolare del potere, della moglie, dei figli, dei soldi e del cognome. Ma adesso la figura ideale e idealizzata del padre non esiste più, è evidente che la fragilità dell’uomo abbia estinto il dominio, l’autorità suprema e la sottomissione della donna. Emerge la necessità di rivedere socialmente e antropologicamente la paternità oggi, c’è bisogno di nuove coordinate affinché il maschile possa costruirsi una traiettoria di vita in cui non sia più condannato a fare l’uomo ma a essere uomo.
È un cambiamento culturale che, richiedendo la messa in discussione di modelli tradizionali radicati, laddove si sente forte la difficoltà, richiede un confronto competente, per cui, prima di risolvere completamente da soli la questione, la si può affrontare con un soggetto esterno che possa supportare nuovi processi esistenziali a livello individuale e/o di coppia.
E tu che significato dai allo stereotipo dell’uomo virile?
Come rielabori l’eclissi del mito della superiorità maschile?
Qual è il ruolo del padre nella tua famiglia?
Dott. ssa Tatiana Filomeno – Psicologa Clinica – Consulente in Sessuologia – Esperta in educazione sessuale
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